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News febbraio 2009

Il problema non è la teoria ma l’ideologia

da L’Osservatore Romano, 12 febbraio 2009


Il problema non è la teoria ma l’ideologia


di Marc Leclerc

Il 12 febbraio 2009 il mondo fa memoria del bicentenario di Charles Darwin. Il grande naturalista inglese, che ha influenzato la storia delle scienze così come la comprensione che abbiamo della nostra stessa umanità, rimane per certi versi un personaggio enigmatico, oggetto, suo malgrado, di discussioni e di polemiche senza fine. Il suo contributo decisivo al trasformismo biologico, l’importanza della sua nuova teoria dell’evoluzione per via della selezione naturale, sono troppo noti per dovervi soffermare a lungo.

Certo, come per ogni teoria nascente, la sua rimaneva incompleta, oggetto di dibattiti scientifici, che la successiva costituzione della sintesi moderna, nel corso del ventesimo secolo, non chiuderà, anzi li intensificherà ancora, con l’aggiunta di molti elementi non previsti da Darwin, sia nel prolungamento o nella conferma delle sue ipotesi, sia, a volte, in senso diverso.

Tutto questo è nomale processo della ricerca scientifica, sviluppandosi senza fine assegnabile.

Il dibattito attuale tuttavia non coinvolge solo il mondo scientifico, con l’argomentazione che gli è propria. Coinvolge ormai l’opinione pubblica, i media, le scuole, il mondo politico, le religioni e pure la Chiesa. La ragione sembra semplice:  la teoria di Darwin, nelle varie interpretazioni che se ne possono dare, tocca all’intelligenza che l’uomo contemporaneo ha di se stesso.

Aldilà delle posizioni personali del suo autore – spesso ambigue, ma riconducibili alla fin fine ad una forma di agnosticismo aperto – buona parte della posterità ha capito l’applicazione della sua teoria all’origine della specie umana come una forma di “compimento della rivoluzione copernicana”, anzi come una riduzione dell’uomo  alla pura animalità, in una  prospettiva  esplicitamente  materialista.  Tale visione dell’uomo contrastava  direttamente  la concezione religiosa, cristiana in particolare, della creazione di un essere non solo corporeo, anzi pure spirituale, dove risplende, sotto il velo, l’imago Dei.

Una parte cospicua dei problemi viene dal fatto che molti, sia partigiani, sia avversari di Darwin, hanno confuso la sua teoria scientifica dell’evoluzione – da discutere a livello scientifico tra persone competenti – con la sua riduzione ad un sistema ideologico, ad una visione del mondo che per forza coinvolge tutti gli uomini, sentendosi profondamente messi in questione nella loro stessa identità, rivendicando quindi il proprio diritto a partecipare al dibattito.

Come scriveva giustamente l’allora cardinale Ratzinger, la polemica è nata non dalla teoria dell’evoluzione in quanto tale, ma dall’erezione indebita di alcuni suoi elementi a philosophia universalis, a “chiave d’interpretazione dell’intera realtà”. In particolare, i due elementi di cui Jacques Monod farà il titolo stesso del suo famoso saggio, Il caso e la necessità (1970). Il carattere aleatorio di piccole mutazioni imprevedibili, associate alla necessità ineluttabile della selezione naturale e delle leggi della genetica votate a conservare le variazioni le più favorevoli, bastano, in questa visione riduttrice, a spiegare il mondo vivente in tutta la sua varietà, compreso l’uomo. Ed alcuni non esitano a generalizzarlo all’intera realtà, secondo la concezione democritea che Monod ha riportato sulla prima pagina del suo saggio:  “Tutto ciò che esiste nell’universo è il frutto del caso e della necessità”.

A queste confusioni si sono poi aggiunte tutte quelle nate dal così detto “darwinismo sociale”, a volte presentato come “teoria scientifica” tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, volto in realtà a giustificare le più varie e meno giustificabili ideologie, specialmente attorno al concetto di guerra, di cui alcuni intendevano dimostrare la “necessità”. Antonello La Vergata ha ben analizzato questo fenomeno nel suo libro Guerra e darwinismo sociale (2005):  si tratta chiaramente di una pura strumentalizzazione senza alcun fondamento scientifico e con ben pochi legami con il pensiero e l’opera di Charles Darwin. L’autore de L’origine delle specie e de La discendenza dell’uomo applicava sì la sua teoria della selezione naturale all’emergenza della nostra specie, ma non al funzionamento delle attuali società umane, sottolineando invece come un carattere benefico per la specie l’acquisizione di facoltà morali e religiose che portano l’uomo a proteggere i più deboli, al contrario delle assurde pretese del darwinismo sociale.

Darwin si rivela quindi più umanista di parecchi suoi seguaci. Più aperto e più rigoroso, pure. Era uno scienziato, un osservatore acuto che su base delle proprie osservazioni faceva delle ipotesi, che si sforzava poi di controllare il più possibile. Ma, dopo di lui, c’è chi ha voluto fare del neodarwinismo un sistema rigido, chiuso su se stesso, onnicomprensivo e fuori discussione, la forma moderna della spiegazione materialista della realtà. In  questo  contesto si potrebbe capire  l’origine delle reazioni, certo eccessive, di un creazionismo direttamente  contrapposto a tale evoluzionismo.

Invece le realtà che possiamo riconoscere, ciascuna al proprio livello, come evoluzione e creazione, non presentano tra loro la minima opposizione, anzi si rivelano del tutto complementari. L’evoluzione biologica risulta per prima da un insieme impressionante di fatti convergenti, dell’ordine della paleontologia, della sistematica e della biologia molecolare. Le varie specie viventi hanno un’origine comune, costituiscono un immenso “albero” con infinite ramificazioni, derivando da specie più semplici e meno numerose, quanto i batteri o le alghe blu, formatesi più di tre miliardi e mezzo di anni fa – giacché se ne ritrovano i “fossili chimici” nelle più antiche rocce conosciute sulla terra. In secondo luogo, le teorie dell’evoluzione provano a descrivere i meccanismi essenziali tramite i quali le specie sono derivate le une dalle altre. Darwin ha proposto quello basilare della selezione naturale, che si mostra operante e verificabile a livello della microevoluzione, su tempi che ci sono accessibili. La sua applicazione alla macroevoluzione pone ancora qualche problema, e verisimilmente si dovranno aggiungere una serie d’altri meccanismi complementari, dove in particolare il ruolo della cooperazione, della simbiosi in sistemi molto integrati, non si lascia ridurre alla sola selezione naturale.

Ma  si tratta qui, sempre, di meccanismi,  sia  conosciuti,  sia da scoprire.

Tutt’altro è il piano della riflessione filosofica sul fatto dell’evoluzione come sulle sue teorie esplicative. Cosa significa l’evoluzione biologica, aldilà dei meccanismi che l’hanno permessa e che la scienza ha il compito di studiare? Qualsiasi siano i processi evolutivi, la questione della creazione rimane aperta, e toccherà ad una filosofia coerente provare a darle una risposta soddisfacente. Tale filosofia potrà a sua volta fungere da mediatrice tra dati e teorie scientifici da una parte, e pensiero teologico della creazione dall’altra. Di particolare importanza sarà la riflessione sul posto dell’uomo nell’evoluzione come nella creazione. L’uomo, come essere vivente, può trovare il proprio posto nell’evoluzione delle specie, che, in una rilettura post factum, ha preparato così a lungo la sua venuta. Ma l’uomo non può ridursi, senza contraddizione, al puro prodotto dell’evoluzione delle specie – in altre parole, l’uomo non è riducibile alla propria animalità. Perché nessun sistema formale può stabilire la non contraddizione dei propri assiomi (corollario del teorema d’incompiutezza di Gödel). Ora una buona critica filosofica mostra che l’uomo, invece, può giustificare i primi principi della sua conoscenza. L’essere umano dispone di una capacità di riflessione, di autocoscienza, di libertà che trascendono necessariamente la pura animalità, e che non possono essere il semplice prodotto dell’evoluzione. Come afferma giustamente la teologia cattolica, ogni persona umana è l’oggetto di un atto creatore singolare da parte di Dio, anche se s’inserisce naturalmente nella specie dell’homo sapiens, apparsa alla fine di un immenso processo evolutivo di cui si cominciano a scoprire alcuni dei segreti.

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