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News febbraio 2010

In ricerca delle staminali “buone”

da  L’Osservatore Romano, 4 febbraio 2010


In ricerca delle staminali “buone”

Intervista al biologo Giuseppe Simoni

Riportiamo ampi stralci dell’intervista al biologo e genetista Giuseppe Simoni pubblicata sul numero di settembre-dicembre 2009 della rivista “Communio” (Milano, Jaca Book) dedicata al tema della “Paternità”.

di Giuseppe Reguzzoni

Incontro Giuseppe Simoni nel suo ufficio nel Biocell Center di Busto Arsizio, il primo centro al mondo ad aver sviluppato un metodo di trattamento e crioconservazione delle cellule staminali da liquido amniotico. Un progetto complesso in cui la ricerca scientifica procede di pari passo con un’intensa attività medica e biologica sul campo, in continuo contatto con la realtà e i drammi quotidiani di chi a questa rete si rivolge per avere delle risposte concrete a personali situazioni di bisogno. Recentemente Biocell Center di Busto Arsizio, l’Harvard Medical School, dipartimento di Oftalmologia e la Fondazione Irccs, Ospedale Maggiore, Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano, hanno siglato un accordo di ricerca sulla terapia per degenerazioni retiniche con staminali da liquido amniotico, che riporta dritti al cuore del lavoro svolto da questo gruppo di ricercatori su quelle cellule, che, come si dice spesso, sono davvero “il futuro della medicina”.

Il problema è che su questo futuro, già iniziato da tempo, circolano e vengono fatte circolare, spesso ad arte, molte falsità o verità alterate. La posizione cattolica è nota ed è al centro di un ampio dibattito, non privo di distorsioni da parte di lobbies che hanno interessi da difendere.

Le ricerche avviate ormai da diversi decenni hanno preso le mosse dai problemi legati all’identificazione, all’isolamento, all’espansione in vitro e alla caratterizzazione morfologica e funzionale di diverse popolazioni di cellule, chiamate staminali dal termine stammzelle introdotto dal biologo tedesco Ernst Haeckel nel 1868.

Queste cellule sono capaci di autorinnovarsi in coltura, conservando la loro potenzialità replicativa ed epigenetica, e di differenziarsi in uno o più tipi cellulari. Alla fase pionieristica è seguito un grande entusiasmo per il loro possibile uso nella terapia rigenerativa dei tessuti lesionati, nella correzione di difetti genetici e nel potenziamento della risposta cellulare a fattori patogeni.
Alcune linee di cellule staminali presenti nei tessuti dell’adulto erano già conosciute da diversi anni, ma l’attenzione dei ricercatori e dei media si è presto concentrata sulle cellule staminali pluripotenti che si trovano esclusivamente nelle primissime fasi di sviluppo dell’organismo umano, le cellule staminali embrionali.

Proprio qui, peraltro, scatta la questione etica, in modo particolare per quanto concerne le modalità di reperimento delle cellule staminali umane. Il magistero della Chiesa, con l’Istruzione Dignitatis personae, posto di fronte a un problema nuovo, muove comunque dalla certezza che non è lecito manipolare la nascita di un embrione umano e predeterminarne arbitrariamente il patrimonio genetico, procedendo poi alla sua distruzione dopo aver isolato alcune cellule per dei fini in sé considerati giusti.

Ma lasciamo che sia Simoni, per anni titolare della cattedra di Genetica all’università di Milano e direttore del Laboratorio di genetica medica dell’ospedale San Paolo, ad aiutarci a capire la posta in gioco.

Cominciamo da una domanda che può sembrare banale: Biocell non è una struttura confessionale, tuttavia avete scelto di darvi un codice etico. È una scelta limitante per chi fa ricerca scientifica?

Noi crediamo invece che un’etica sia necessaria in tutte le cose. Non si può operare bene se non si ha rispetto per la persona, anche per quella che deve nascere. Come può nascere qualcosa di buono da un sopruso o da un comportamento poco etico? In questo senso lo studio del liquido amniotico e delle cellule staminali che contiene non sono in contrasto con alcun principio etico. Anzi, è la risposta che la natura ci fornisce per ottenere staminalità embrionale senza toccare l’embrione. Inoltre con il liquido amniotico – nell’ipotesi di uso autologo – si ha la possibilità di lavorare con cellule e materiale appartenente allo stesso individuo, fatto fondamentale per le questioni di rigetto che però non si verifica neppure con le staminali embrionali: infatti le cellule embrionali non potranno mai essere utilizzate sullo stesso individuo. Come si può dedurre da questo fatto, spesso le scelte etiche trovano il sostegno della medicina.

La ricerca sulle cellule staminali è il futuro, perché?

Perché è una componente importantissima del nostro corpo di cui non conosciamo quasi nulla e che invece dobbiamo conoscere. Le cellule staminali e il loro comportamento sono importanti per capire la dinamica dei tumori, la rigenerazione dei tessuti, la proliferazione cellulare continua che avviene ogni minuto nel corso di tutta la vita. Noi stiamo studiando un particolare tipo di cellule staminali, le amniotiche, che rappresentano un unicum nel corso della nostra esistenza. Investiamo tutto il nostro lavoro nella convinzione che lo studio delle cellule amniotiche potrebbe portare a comprendere meglio molti fenomeni, e di conseguenza migliorare la vita dei malati, curare patologie ad oggi incurabili, rendere più efficaci i rimedi già utilizzati. Nel campo delle cellule amniotiche inoltre siamo proprio agli inizi: tutto deve ancora essere studiato, verificato, dimostrato. Le possibilità sono davvero tante e le speranze infinite.

In passato il comitato per la bioetica ha avanzato il sospetto che l’accento posto sugli embrioni nella ricerca sulle cellule staminali nascondesse anche grossi interessi economici.

Il profitto ci sarà se e quando, grazie al nostro lavoro, avremo scoperto e brevettato qualche cura o qualche sistema per il trattamento di malattie serie e tuttora non curabili. Fino ad allora ogni euro di ricavo sarà destinato allo studio del comportamento delle staminali amniotiche, di cui ancora si sa davvero poco. A differenza delle staminali embrionali, in un futuro non lontano ognuno potrebbe possedere le proprie cellule amniotiche, oppure avere nello stretto giro di parentela una disponibilità di cellule amniotiche compatibili. Per le embrionali invece il discorso è più complicato, bisogna trovare l’embrione, sviluppare le linee compatibili… tutto questo costa, e potrebbe generare profitti molto grossi. Tutto questo è incompatibile con la nostra missione e inconciliabile con il nostro codice etico.

Non siete solo ricercatori, ma lavorate a contatto con i problemi concreti delle persone. Che cosa significa tutto questo per voi?

L’idea di Biocell Center nasce proprio con questo obiettivo, cioè mettere al centro la persona, anche quella che ancora deve nascere. Qui crediamo che chiunque lavori mettendo al centro la Persona, con la P maiuscola, possa e riesca a dare di più perché non c’è in ballo solo il lavoro, i soldi, la carriera, il successo… c’è soprattutto la soddisfazione di dare il proprio contributo ad una vita, alla soluzione di un problema, forse anche un piccolo passo verso la conoscenza della realtà e di quella meravigliosa creatura che è il nostro corpo, vera e propria missione per il ricercatore di ogni fede.

© L’Osservatore Romano

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