Lo storico australiano Peter Harrison smonta le categorie moderne di “scienza” e “religione”, mostrando come siano costruzioni culturali recenti.
Un saggio che invita a rileggere in profondità il rapporto tra fede e ragione.
Nel suo nuovo libro Some New World: Myths of Supernatural Belief in a Secular Age (2024), lo storico australiano Peter Harrison affronta uno dei temi più delicati del pensiero moderno: la distinzione tra scienza e religione. Con il rigore e la profondità che contraddistinguono i suoi lavori precedenti, Harrison propone una tesi dirompente: le categorie con cui interpretiamo scienza, fede e soprannaturale non sono universali, ma costruzioni culturali relativamente recenti.
Pubblicato da Yale University Press, il volume si inserisce nel filone di studi che analizzano criticamente le origini del pensiero moderno e i suoi effetti sul modo in cui percepiamo la realtà. Harrison invita il lettore a interrogarsi non solo sul contenuto della fede o della scienza, ma sul linguaggio stesso con cui ne parliamo.
Scienza e religione: un dualismo nato dalla modernità
Per Harrison, la netta separazione tra scienza e religione è un prodotto del pensiero moderno. In epoche precedenti, soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento, la conoscenza del mondo naturale era parte integrante di una visione teologica e metafisica. Non esistevano “due mondi”, ma un’unica realtà, unificata e dotata di senso.
È solo a partire dall’Illuminismo e dal positivismo ottocentesco che si afferma l’idea di una scienza autonoma, neutrale, oggettiva, contrapposta a una religione vista come soggettiva, irrazionale o superstiziosa.
Dall’unità medievale alla separazione moderna
Lo storico mostra come la secolarizzazione non abbia semplicemente “rimosso” il soprannaturale, ma ne abbia ridefinito i confini. In un passaggio emblematico scrive:
“La moderna nozione di ‘soprannaturale’ è un prodotto della secolarizzazione. Prima dell’età moderna, non era necessario distinguere tra naturale e soprannaturale: tutto ciò che esisteva era parte di un ordine dotato di senso e finalità.”
Nel passato, la fede non era vista come alternativa alla ragione, ma come una forma diversa di accesso alla verità. L’attuale contrapposizione è frutto di un processo storico preciso e culturalmente situato.
Il soprannaturale come invenzione culturale recente
Il libro invita a rivedere anche il concetto stesso di “soprannaturale”, spesso usato come discriminante tra credenti e non credenti. Harrison sottolinea che parlare di “credere nel soprannaturale” implica l’accettazione di una distinzione netta tra ciò che è “naturale” e ciò che non lo è — distinzione, questa, assente nel pensiero premoderno.
“Non è la fede nel soprannaturale ad aver creato la religione,” scrive Harrison, “ma è la nascita della religione come categoria moderna ad aver reso necessaria l’idea di soprannaturale.”
Fede, ragione e verità: un rapporto da riscoprire
Nel ricostruire questa storia, l’autore mostra come fede e ragione siano state a lungo considerate complementari, non contrapposte. Grandi pensatori come Agostino, Tommaso d’Aquino e persino Newton non avrebbero visto alcun conflitto tra il metodo scientifico e la fede religiosa. La loro eredità, secondo Harrison, è stata in parte cancellata da un racconto moderno semplificato e ideologizzato.
Secolarizzazione e perdita del senso unitario del reale
Nel mondo contemporaneo, dominato da un’impostazione tecnoscientifica, Harrison mette in guardia contro la riduzione della realtà a ciò che è misurabile. La secolarizzazione ha prodotto indubbi benefici, ma ha anche frammentato il sapere umano, privando molte persone di una visione unificata del mondo.
Riconoscere che la scienza nasce da un contesto culturale e storico permeato di idee religiose non significa negare la scienza, ma comprenderla meglio.
Un invito al dialogo tra saperi
Harrison non propone un ritorno all’epoca premoderna, ma un nuovo equilibrio. La scienza ha bisogno della filosofia, della teologia, della storia. E la fede può trarre beneficio dal confronto con la razionalità scientifica, se non ridotta a ideologia.
Some New World si propone così come un invito a riaprire il dialogo tra scienza e religione, non sulla base di preconcetti, ma con la consapevolezza delle loro comuni origini culturali.
Perché leggere Il nuovo mondo: attualità e valore di un saggio fuori dagli schemi
Questo libro rappresenta una risorsa preziosa per filosofi, teologi, scienziati, ma anche per chiunque voglia comprendere meglio il modo in cui pensiamo ciò che pensiamo. Un saggio che si legge con lentezza, che stimola domande profonde e invita a una riflessione lucida sul nostro tempo.
In un’epoca in cui il dibattito pubblico è spesso polarizzato e superficiale, Harrison ci ricorda che le categorie non sono eterne. E che cambiare modo di vedere il mondo è il primo passo per trasformarlo davvero.
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