È morto nell’aprile 2025, a 96 anni, uno dei filosofi più influenti del nostro tempo
Ad aprile 2025 si è spento, all’età di 96 anni, Alasdair MacIntyre, pensatore scozzese tra i più importanti filosofi morali del XX e XXI secolo. La sua opera ha segnato in profondità il dibattito sull’etica, la razionalità pratica e la tradizione del pensiero classico, riaprendo questioni centrali sul significato della virtù, del bene comune e dell’identità morale dell’uomo.
Nato a Glasgow nel 1929, MacIntyre ha attraversato la modernità filosofica in modo critico e originale, giungendo a proporre una visione alternativa alle etiche contemporanee dominanti, da lui considerate frammentarie e incapaci di offrire un fondamento condiviso all’agire umano. Il suo libro più celebre, After Virtue (Dopo la virtù, 1981), è considerato uno dei testi fondamentali per la rinascita dell’etica delle virtù, ispirata alla tradizione di Aristotele e Tommaso d’Aquino.
After Virtue : un manifesto per il recupero della tradizione etica
After Virtue è il testo che ha consacrato MacIntyre a livello internazionale. In esso, il filosofo traccia una diagnosi della crisi della modernità morale: la perdita di un linguaggio etico coerente, l’indebolimento delle strutture comunitarie e la frammentazione del concetto di “bene”. Secondo MacIntyre, le teorie morali moderne – dall’utilitarismo al kantismo – hanno smarrito le radici teleologiche dell’etica, ovvero l’idea che l’essere umano si realizzi in vista di un fine ultimo.
La sua proposta consiste nel recupero di una tradizione teleologica e comunitaria, ispirata all’etica delle virtù di Aristotele, reinterpretata alla luce della riflessione di San Tommaso. In questa prospettiva, l’identità morale non è un dato individuale astratto, ma un processo di formazione all’interno di pratiche condivise, narrazioni comuni e comunità storicamente determinate. L’etica, quindi, non è solo questione di norme o doveri, ma di crescita nella virtù, orientata a un telos, un fine umano pienamente realizzato.
La conversione al cattolicesimo e il pensiero tomista
Un elemento cruciale nella biografia intellettuale di MacIntyre è la sua conversione al cattolicesimo negli anni Ottanta. Dopo un lungo percorso filosofico e spirituale, giunge a riconoscere nella tradizione tomista un punto di sintesi tra razionalità, fede e vita morale. Questo passaggio rafforza ulteriormente la sua critica al relativismo etico e al liberalismo culturale, che egli considera incapaci di rispondere alle esigenze profonde dell’anima e della comunità umana.
A partire da Whose Justice? Which Rationality? (1988) e Three Rival Versions of Moral Enquiry (1990), MacIntyre approfondisce il tema delle tradizioni morali rivali, mettendo in discussione l’idea di una razionalità universale astratta e proponendo una razionalità incarnata, situata storicamente e culturalmente. Il pensiero tomista diventa, così, per lui non solo un punto di riferimento teoretico, ma una guida per un’etica integrale.
Eredità filosofica e attualità del suo pensiero
MacIntyre lascia in eredità un pensiero radicale, ma profondamente umano. In un’epoca segnata dal relativismo etico, dalla crisi della verità e dalla perdita di riferimenti condivisi, ha indicato una via di ricostruzione morale che non parte dall’individuo isolato, ma dalla comunità, dalla narrazione e dall’esercizio delle virtù. Il suo richiamo a una formazione integrale dell’uomo e a una società orientata al bene comune trova risonanza tanto nella riflessione cattolica quanto nei dibattiti etico-politici più laici.
Numerose università cattoliche, teologi e filosofi morali si sono ispirati alla sua opera, riconoscendone la forza innovativa e la profondità. Allo stesso tempo, After Virtue continua a essere studiato e discusso anche in ambito secolare, per la sua capacità di porre domande radicali sulla crisi dell’etica moderna.
Immagine: elaborazione artistica con Intelligenza Artificiale.
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