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Gerard Manley Hopkins : la nascita di un poeta gesuita che ha cantato la bellezza di Dio

Gerard Manley Hopkins

Il 28 luglio 1844 nasceva a Stratford il gesuita e poeta innovatore della fede e della bellezza. Gerard Manley Hopkins ha celebrato la natura come opera del Creatore.

Scopri la sua vita, la poetica e l’eredità spirituale.

Il 28 luglio 1844 a Stratford, nei pressi di Londra, nasceva Gerard Manley Hopkins, una delle figure più originali della letteratura vittoriana. Sacerdote gesuita, poeta, studioso e profondo contemplativo, Hopkins è oggi considerato uno dei padri della poesia moderna in lingua inglese.

La sua opera, riscoperta soltanto dopo la sua morte, ha saputo coniugare una sensibilità lirica fuori dal comune con una spiritualità intensa, capace di leggere la creazione come un riflesso della grandezza e della bellezza di Dio. La poesia di Hopkins è un inno alla meraviglia del creato e alla presenza divina che lo abita.

Una visione spirituale fondata sulla bellezza

Fin dai suoi primi scritti, Hopkins dimostrò un interesse profondo per la natura e i suoi dettagli. La sua conversione al cattolicesimo nel 1866, seguita dall’ingresso nella Compagnia di Gesù nel 1868, trasformò questa attenzione in una vera teologia poetica della bellezza.

Hopkins era convinto che ogni elemento del creato portasse in sé un’impronta unica, una sorta di “firma” divina che lui chiamava inscape. Questa concezione lo portava a osservare la realtà con uno sguardo quasi sacramentale: la natura stessa si faceva linguaggio di Dio, una parola viva che annunciava la gloria del Creatore.

Il suo stile, innovativo per l’epoca, rompeva gli schemi metrici tradizionali introducendo il cosiddetto sprung rhythm, un ritmo irregolare ma intensamente musicale che meglio rispondeva alla forza della sua ispirazione.

La tensione tra vocazione e poesia

Per Hopkins la poesia non fu mai soltanto esercizio estetico, ma preghiera, contemplazione, lode. Tuttavia visse anche momenti di sofferenza: a lungo temette che la sua vocazione sacerdotale e la sua vocazione poetica fossero in contrasto.

Per alcuni anni, infatti, abbandonò quasi del tutto la scrittura, convinto che fosse una forma di vanità incompatibile con l’umiltà religiosa. Solo in seguito, spinto dai superiori gesuiti, riprese a comporre, trovando finalmente un equilibrio tra la dimensione mistica e quella artistica.

I temi ricorrenti nei suoi versi

I componimenti di Gerard Manley Hopkins esplorano la relazione tra la caducità dell’uomo e l’eternità di Dio, tra la fragilità del creato e la sua forza di rinnovamento. Alcuni dei suoi testi più famosi, come The Windhover o Pied Beauty, celebrano l’infinita varietà del mondo naturale come segno della fantasia inesauribile del Creatore.

Il dolore, la prova, la ricerca della grazia percorrono altre poesie più cupe, nate anche dalle difficoltà personali che Hopkins visse come missionario e come religioso in contesti difficili. Ma sempre, anche nelle ombre, emerge una tensione alla speranza e alla luce.

Un’eredità intellettuale e spirituale che parla al nostro tempo

Pubblicato postumo grazie all’amico Robert Bridges, Gerard Manley Hopkins ha esercitato un’enorme influenza sui poeti moderni. La sua capacità di vedere nel creato la presenza viva di Dio anticipa oggi molte sensibilità legate alla teologia ecologica e all’ecologia integrale.

In tempi in cui la cura del creato e la spiritualità ecologica sono sempre più attuali, la voce di Hopkins risuona profetica: la bellezza non è un lusso o un orpello, ma una via privilegiata per comprendere la bontà di Dio e vivere in armonia con tutto ciò che ci circonda.

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