Gli organismi viventi emettono biofotoni, una luce invisibile che svanisce con la morte. Lo studio del 2025 rivela nuove prospettive sulla salute, l’agricoltura, le neuroscienze e la filosofia della vita
Gli organismi viventi brillano, anche se i nostri occhi non lo vedono. Non si tratta di un’immagine poetica, ma di un dato scientifico sorprendente: secondo uno studio pubblicato nel 2025 sulla rivista The Journal of Physical Chemistry Letters, piante e animali emettono una luce ultra-debole, invisibile all’occhio umano, che accompagna la vita e svanisce con la morte.
Questa emissione, chiamata biofotoni o ultraweak photon emission (UPE), è legata al metabolismo cellulare e ai processi ossidativi. Il fenomeno, noto da tempo in forma teorica e sperimentale, acquista oggi una nuova rilevanza grazie a tecniche di misurazione sempre più sofisticate.
Lo studio del 2025: luce negli animali e nelle piante
Il team di ricerca guidato da Vahid Salari ha analizzato emissioni luminose ultra-deboli sia in topi che in foglie di piante, utilizzando camere completamente buie e sensori ad alta sensibilità (EMCCD).
-
Nei topi vivi è stata registrata un’emissione costante, che diminuiva rapidamente dopo la morte. Questa evidenza ha confermato che il bagliore dipende direttamente dall’attività metabolica.
-
Nelle piante, in particolare Arabidopsis thaliana e Heptapleurum arboricola, le foglie sottoposte a stress (tagli o esposizione a sostanze chimiche) mostravano un aumento significativo dell’emissione di biofotoni nelle zone danneggiate.
Questi risultati suggeriscono che la luce invisibile non è un semplice sottoprodotto casuale, ma un segnale biologico legato alle condizioni vitali degli organismi.
Vedi pure articolo SRM precedente: Ogni essere vivente emette una luce nascosta che si spegne alla fine.
Cosa sono i biofotoni
I biofotoni sono fotoni emessi spontaneamente da cellule e tessuti viventi a un livello di intensità talmente basso da non essere percepibile dai sensi umani.
La scienza ha individuato le cause principali in:
-
Specie reattive dell’ossigeno (ROS), prodotte durante lo stress ossidativo;
-
Processi metabolici legati alla respirazione cellulare;
-
Stati eccitati molecolari che rilasciano energia sotto forma di luce quando tornano a uno stato stabile.
Questa emissione non va confusa con la bioluminescenza di alcune specie come le lucciole: è molto più debole e universale, comune a tutti gli esseri viventi.
Il bagliore della vita e il mistero della morte
Il dato forse più sorprendente dello studio è la brusca caduta dell’emissione dopo la morte. Finché l’organismo è vivo, il metabolismo continua a generare fotoni; con l’interruzione delle funzioni vitali, la luce si spegne.
Questo porta inevitabilmente a riflessioni più ampie:
-
Sul piano biologico, i biofotoni sono un indicatore oggettivo dello stato di vita o di morte cellulare.
-
Sul piano filosofico e simbolico, il fatto che la vita emetta luce, seppur invisibile, richiama immagini antiche e universali: la luce come segno del principio vitale, dello spirito o dell’anima.
Implicazioni mediche e biologiche
Lo studio apre prospettive interessanti:
-
Medicina preventiva e diagnostica: in futuro strumenti adeguati potrebbero rilevare in tempo reale lo stress ossidativo o alterazioni metaboliche, con applicazioni nella diagnosi precoce di patologie croniche e degenerative.
-
Studio dell’invecchiamento: poiché l’accumulo di danni ossidativi è legato all’età, i biofotoni potrebbero diventare marcatori naturali dei processi di senescenza.
-
Agricoltura di precisione: misurando il bagliore invisibile delle foglie si potrebbe monitorare la salute delle colture, prevenendo danni da siccità, malattie o agenti inquinanti.
Collegamenti interdisciplinari
Il tema dei biofotoni non riguarda solo la biologia o la chimica, ma si apre a dialoghi interdisciplinari che toccano:
-
Fisica e ingegneria: la necessità di sensori ottici sempre più sofisticati per captare segnali così deboli stimola lo sviluppo di nuove tecnologie fotoniche.
-
Neuroscienze: alcune teorie ipotizzano che i biofotoni possano giocare un ruolo anche nella comunicazione intracellulare e, in particolare, tra neuroni. Studi ancora preliminari hanno esplorato l’idea di un “cervello che brilla” durante l’attività elettrica.
-
Filosofia e religione: l’immagine della vita che “brilla di luce propria” richiama concezioni antiche, dalle metafore bibliche (“la luce della vita”) alle tradizioni orientali che associano energia vitale e luminosità.
-
Etica e bioetica: la possibilità di misurare la vitalità in modo così diretto potrebbe aprire dibattiti sull’uso di questi metodi in medicina, agricoltura e persino in ambiti più controversi, come la definizione precisa del confine tra vita e morte.
Limiti e sfide future
Nonostante il fascino della scoperta, restano ostacoli:
-
l’intensità dell’emissione è estremamente bassa e difficile da rilevare;
-
servono studi per correlare in modo affidabile le variazioni di emissione a specifiche condizioni patologiche;
-
la traduzione di questi esperimenti in applicazioni pratiche richiederà anni di ricerca e sviluppo.
Conclusione
Il mistero dei biofotoni ci racconta che la vita non è solo un insieme di reazioni chimiche invisibili, ma produce letteralmente luce. Un bagliore sottilissimo, che accompagna ogni organismo e si spegne solo con la morte.
Questa scoperta, al di là delle applicazioni pratiche, ci invita a riflettere sulla natura stessa della vita, unendo scienza, filosofia e spiritualità. L’essere vivente, nel suo metabolismo, diventa così un “portatore di luce”, un’immagine che la ricerca scientifica conferma e che la cultura umana custodisce da millenni.
Fonte Journal of Physical Chemistry Letters : Imaging Ultraweak Photon Emission from Living and Dead Mice and from Plants under Stress.
Lascia una risposta
Devi essere connesso per inviare un commento.