Si conclude a Monaco di Baviera il congresso della Ccee sulla pastorale universitaria
da L’Osservatore Romano, 30 gennaio 2011
Monaco di Baviera, 29. La riaffermazione della necessità del dialogo tra fede e scienza e la memoria degli studenti cristiani che in modo non violento seppero opporsi al regime della Germania nazista. Lungo questi principali binari si è snodata oggi la terza giornata del congresso europeo sulle prospettive della pastorale universitaria che si conclude domenica 30 con la messa in cattedrale presieduta dal cardinale arcivescovo di Monaco e Frisinga, Reinhard Marx.
“Formazione, educazione e Vangelo”, il tema dell’incontro, promosso dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee) al quale partecipano una sessantina di delegati degli episcopati per la pastorale universitaria e di rappresentanti di associazione e movimenti ecclesiali. Dopo la relazione introduttiva su “Newman e l’università” tracciata dall’arcivescovo di Westminster, Vincent Gerard Nichols, presidente della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles e della Commissione della Ccee per la catechesi, la scuola e l’università, il lavoro del congresso si è soffermato sull’analisi, sotto i profili sociologico e antropologico, dei diversi contesti del panorama europeo.
A scandire l’incontro anche momenti di preghiera e commemorativi. Particolarmente significativi, a questo riguardo, nella giornata di sabato, l’incontro con la comunità cattolica dell’università Ludwig-Maximilian di Monaco e, soprattutto, la sosta e l’omaggio al monumento in ricordo dei membri della Rosa Bianca, il gruppo di giovani cristiani che seppe eroicamente opporsi al nazismo.
In mattinata, invece, a calamitare l’attenzione la riflessione sul rapporto tra scienza e fede inviata dal cardinale arcivescovo di Esztergom-Budapest, Péter Erdo, presidente del Ccee, per il quale “aiutare” o “persino quasi provocare e appoggiare questo dialogo tra fede e scienza, è la vocazione più nobile della pastorale universitaria”.
Il porporato ha ricordato come la ricerca del “bene comune” in ambito europeo, presuppone anche una certa “visione antropologica”. E implica necessariamente una domanda: “Che cosa è buono per l’essere umano?”. Per la Chiesa – ha ribadito – “la dignità umana non sminuisce neppure quando un essere umano non può usare effettivamente tutte le sue capacità. Così il feto umano, il bambino, il malato, il moribondo hanno pure la piena dignità umana”. Tuttavia, a partire dal XIX secolo, si è via via sempre più diffuso un concetto di libertà che ha per contenuto non oggetti o valori concreti, ma “semplicemente dei desideri o delle opinioni” che finiscono per offendere la stessa dignità dell’uomo. Per Erdo, “è necessario che la società protegga anche con delle sanzioni quello che è buono all’uomo”. Ma occorre anche sottolineare l’origine di questa dignità, che risiede nel fatto che l’uomo è “creato a immagine di Dio”. E, citando la costituzione apostolica Ex corde Ecclesiae di Giovanni Paolo II, ha ribadito che “le università cattoliche, ma anche la pastorale universitaria in tutte le università, hanno per compito quello di esplorare le ricchezze della rivelazione e della natura, “perché lo sforzo congiunto dell’intelligenza e della fede consenta agli uomini di raggiungere la piena misura della loro umanità””.
In conseguenza, la pastorale universitaria non deve occuparsi soltanto degli studenti e dei loro programmi del tempo libero – “cose utili naturalmente” – ma deve anche “lavorare per stabilire l’incontro tra la ricchezza del messaggio del Vangelo e la pluralità e l’immensità dei campi del sapere umano”. E, “tale dialogo è indispensabile per la missione della Chiesa stessa”. Per Erdo, il nostro insegnamento morale deve reagire ai nuovi fenomeni della cultura, delle scienze, alle nuove condizioni della società e dell’uomo stesso. Ma ogni giudizio di valore morale ha la struttura di una conclusione. Queste conclusioni morali sono sempre risultati di almeno due premesse. Da una parte bisogna conoscere i principi teologici del messaggio di Cristo, della carità cristiana, del cosiddetto diritto naturale illuminato dalla luce della rivelazione”. L’altra premessa, invece, “è sempre una fattispecie molto spesso nuova, comprensibile solo dai profondi conoscitori di determinati settori delle scienze. Se la nostra conoscenza su quest’ultimo aspetto rimane superficiale, anche la nostra conclusione morale concertata potrà essere debole e poco convincente per i nostri contemporanei. Per questo, il dialogo con le scienze è necessario per poter compiere la nostra missione ricevuta da Cristo”.
© L’Osservatore Romano
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