Esplorare l’universo non è solo una attività strettamente scientifica, che attenga solamente discipline come l’astronomia, l’astrofisica, l’esobiologia; si confronta, direttamente o indirettamente, anche con la fede di ricercatori e semplici cittadini, con il loro eventuale credo religioso, con il modo in cui vedono l’universo e la sua origine. Ne parla un recente volume pubblicato a gennaio 2015 da Queriniana Edizioni: Esplorare l’universo, ultima delle periferie. Le sfide della scienza alla teologia.
Il libro presenta le testimonianze, come studiosi e come credenti, di diversi scienziati, teologi, filosofi, con l’obiettivo di “spiegare il mondo della scienza a chi si occupa di fede”, e di “esplicitare le sfide che la scienza – e l’astronomia in particolare, con il suo linguaggio, i suoi presupposti, le sue problematiche – lancia alla teologia e alla chiesa”. Allo stesso tempo, nel volume “uomini di scienza, che sono al tempo stesso uomini di fede, mostrano quanto le domande e gli apporti della scienza siano preziosi per il pensare teologico e per l’azione pastorale”.
Troviamo così testi di José Luis Funes, direttore della Specola Vaticana, e dei suoi colleghi astronomi Alessandro Omizzolo, George Coyne e Guy Consolmagno; del filosofo e cosmologo Michael Heller; dei teologi Jean-Michel Maldamé e Giuseppe Tanzella Nitti. Gli autori affrontano questioni più basilari come il rapporto fra Dio e la natura; la storia del rapporto tra scienza, fede e Chiesa cattolica, e l’insegnamento che possiamo trarre dalle vicende dei secoli scorsi; i limiti della scienza, della teologia; le teorie sull’origine, lo sviluppo e la struttura del nostro universo. Ma anche argomenti più di frontiera come le ipotesi di vita intelligente su altri pianeti, e le eventuali conseguenze scientifiche, teologiche e filosofiche.
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