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Papa Francesco: medicina al servizio dell’uomo, tra scienza, fede, etica

Nella medicina, afferma il Santo Padre la dimensione spirituale – di fede – del malato, e la sua dignità umana, sono importanti quanto le tecniche della scienza medica.

Papa Francesco lo ha affermato venerdì 20 settembre 2019 nella Sala Clementina in Vaticano, ricevendo in udienza la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. Nel proprio discorso il Pontefice ha ricordato come in questi tre anni la Federazione e i suoi appartenenti abbiano riflettuto sugli sviluppi e l’evoluzione della medicina in “un mutato contesto sociale”. E su come “meglio individuare i cambiamenti utili a interpretare le necessità delle persone e per offrire loro, insieme con le competenze professionali, anche un buon rapporto umano”.

Perché, sottolinea Papa Francesco, la scienza medica è “per definizione servizio alla vita umana. La medicina deve quindi avere “un essenziale e irrinunciabile riferimento alla persona nella sua integrità spirituale”, di fede, “e materiale”, fisica. Ricordando che, nella propria “dimensione individuale e sociale”, la scienza medica “è a servizio dell’uomo, di tutto l’uomo, di ogni uomo”. Il Santo Padre sa che i medici sono “convinti di questa verità sulla scorta di una lunghissima tradizione, che risale alle stesse intuizioni ippocratiche”.

Una convinzione da cui derivano pure le “giuste preoccupazioni per le insidie a cui è esposta la medicina odierna”. Perché, spiega Papa Francesco, è necessario “ricordare che la malattia” non è solo “un fatto clinico, medicalmente circoscrivibile”. La malattia è “sempre la condizione di una persona”, ovvero “il malato”. Una persona che oltre che corpo è pensiero, spiritualità e sofferenza. Quindi è con “questa visione integralmente umana che i medici sono chiamati a rapportarsi al paziente”.

Il paziente come persona, non solo come caso clinico, respingendo facili tentazioni eutanasiche. L’etica come ponte tra fede e scienza, tra spiritualità e tecnologia.

I medici devono quindi considerare il malato nella “sua singolarità di persona che ha una malattia, e non solo il caso di quale malattia ha quel paziente”. Devono quindi avere “insieme alla dovuta competenza tecnico professionale, un codice di valori e di significati con cui dare senso alla malattia e al proprio lavoro e fare di ogni singolo caso clinico un incontro umano”. In un approccio etico, e globalmente antropologico, alla scienza medica, in continuo sviluppo e mutamento.

Ecco perché i medici, “di fronte a qualsiasi cambiamento della medicina e della società” non devono perdere “di vista la singolarità di ogni malato, con la sua dignità e la sua fragilità”. Un uomo o una donna – sottolinea Papa Francesco – da accompagnare con coscienza, con intelligenza e cuore, specialmente nelle situazioni più gravi”. Guidati da questo valore e dall’etica, i medici possono e devono quindi “respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi”, di utilizzare la scienza medica “per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia”.

Il suicidio assistito e l’eutanasia, afferma con forza il Santo Padre, non sono decisioni scientifiche o etiche. Sono invece solo “strade sbrigative di fronte a scelte che non sono, come potrebbero sembrare, espressione di libertà della persona, quando includono lo scarto del malato come possibilità, o falsa compassione di fronte alla richiesta di essere aiutati ad anticipare la morte”. Papa Francesco richiama la Nuova Carta per gli Operatori Sanitari, quando afferma che «Non esiste un diritto a disporre arbitrariamente della propria vita, per cui nessun medico può farsi tutore esecutivo di un diritto inesistente» (n. 169).

Il Pontefice ha ricordato anche San Giovanni Paolo II, quando affermava che la responsabilità di medici e operatori sanitari «è oggi enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell’intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconosceva l’antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità» – Enciclica Evangelium vitae, 89.

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