Galileo Galilei fu uno scienziato davvero geniale.
Fu il primo a usare un telescopio come strumento di indagine scientifica, potenziando di almeno 20 volte la precisione delle osservazioni ad occhio nudo; altri in Europa avevano osservato già dei corpi celesti, ma Galileo fu il primo a capire che l’astronomia non sarebbe stata più la stessa, e pubblicando il Sidereus Nuncius nel 1610 annunciò al mondo che attorno a Giove giravano 4 stelle, e che quindi la Terra non era l’unico centro possibile di moti orbitali.
Era una prova che, secondo lui, poteva sostenere l’ipotesi Eliocentrica proposta dal canonico polacco Nicola Copernico nel 1543. Copernico affermava che il Sole fosse il centro delle orbite dei pianeti, e che anche la Terra fosse “una stella errante” come gli altri pianeti. Le orbite di Copernico erano circolari, e ne servivano 54 perché, come nel modello geocentrico di Tolomeo del 2 secolo dopo Cristo che ne aveva 78, ci volevano combinazioni di diversi circoli per far avvicinare ed allontanare un pianeta dal Sole.
Oggi pochi sanno che il Sole non era esattamente al centro del Sistema di Copernico, così come la Terra non occupava il centro esatto delle orbite tolemaiche…(si veda la figura) perché nessuno legge più libri e documenti così antichi, scritti solamente in latino o se tutto va bene tradotti solo in inglese.
Galileo, che operò una rivoluzione nell’astronomia che in pochi mesi rese antico tutto ciò che si insegnava nelle università, non capì subito l’importanza del lavoro di Keplero che sostituendo le orbite ellittiche a quelle circolari eccentriche fece diminuire il numero totale di orbite per spiegare i moti dei pianeti e della Luna da 54 a 7: una per ciascun pianeta allora conosciuto, Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove e Saturno, e una per la Luna.
Il processo a cui fu sottoposto Galileo è un fatto molto complesso, in cui la responsabilità dell’esito non è tutta a carico della Chiesa, che anzi gli evitò il peggio (il rogo) concedendogli invece un esilio di lusso nella villa Gioiello di Arcetri presso Firenze, ma anche del corpo accademico che non aiutò per nulla il collega Galileo per l’invidia che nutriva verso di lui. Il Padre Gesuita Clavio (morto nel 1612), il più grande astronomo che era a Roma in quel tempo, ed il cardinale Barberini, futuro papa Urbano VIII, apprezzavano molto Galileo.
Dopo il processo a Galileo, il quale sosteneva correttamente che le Scritture sacre insegnano “come si vada in cielo piuttosto che come vada il cielo”, la Chiesa continuò a sostenere la ricerca della verità scientifica sia costruendo strumenti potenti per farlo (la meridiana di Santa Maria degli Angeli fu finanziata da papa Clemente XI nel 1700) sia attraverso sacerdoti scienziati. Nel 1791 l’abate Giovanni Battista Guglielmini a Bologna dimostrò la rotazione della Terra su stessa, che Galileo non aveva saputo dimostrare, mentre sosteneva erroneamente che le maree lo potessero spiegare in modo soddisfacente. In quel caso il cardinale Bellarmino fu più bravo di Galileo come scienziato a confutarlo, mentre Galileo fu più bravo come esegeta delle scritture. Si dovette attendere l’opera di Newton (1687) sulla Gravitazione Universale per avere le leggi fisiche responsabili delle orbite ellittiche e comprendere finalmente la meccanica dei cieli.
Nel 1992 la commissione ecclesiastica sul caso Galileo ha chiuso i lavori presentandoli a Giovanni Paolo II, il quale ha ammesso gli errori del Santo Uffizio nel giorno 8 febbraio 2000 nella “purificazione della memoria” del grande giubileo millenario. Ancora il 21 dicembre 2008 Benedetto XVI ha ricordato Galileo all’apertura dell’Anno Internazionale dell’Astronomia che ricordava il quarto centenario delle prime osservazioni al telescopio, ringraziandolo per averci aperto una via alla comprensione dei cieli, opera mirabile del Creatore.
Costantino Sigismondi
immagine: cortesia Costantino Sigismondi
cos/pc
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