Questo in sintesi il parere critico espresso dal fisico Carlo Rovelli in una intervista al quotidiano La Repubblica, in merito al discorso pronunciato da Papa Francesco ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, quest’anno dedicata al tema dell’evoluzione dei concetti di natura. Nato a Verona il 3 maggio 1956, laureato in fisica e scrittore di saggi, Rovelli ha svolto le sue attivitàdi ricerca prima in Italia e negli Stati Uniti, poi in Francia, dove attualmente lavora. Si occupa principalmente di fisica e gravità quantistica, e in misura minore di filosofia e storia della scienza.
Nella critica al discorso del Pontefice, sembra però apparentemente dimenticare questo suo secondo ruolo intellettuale, attenendosi solamente al primo: quello dello scienziato. Rovelli infatti inizia affermando che nonostante sia positivo “che il pontefice inviti gli scienziati ad andare avanti con il proprio lavoro e i fedeli a credere in Dio senza per questo rifiutare la scienza, [..] è un grave errore dire che il Big Bang esige l’intervento di un creatore divino.
Su questa prima affermazione si aprono già numerose questioni: innanzitutto Rovelli sembra dimenticare che da secoli la Chiesa non pone fede e scienza in contrasto; già nel 1893, nella sua Enciclica Provvidentissimus Deus, Papa Leone XIII, spiegava che «Nessuna vera contraddizione potrà interporsi tra il teologo e lo studioso delle scienze naturali, finché l’uno e l’altro si manterranno nei propri confini, guardandosi bene, secondo il monito di Sant’Agostino, “di non asserire nulla temerariamente, né di presentare una cosa incerta come certa”»
Un approccio alla scienza, di confronto dialogante e di non sovrapposizione tra differenti tipi di interpretazione della realtà, riaffermato ad esempio anche nel 1950 da Papa Pio XII nell’Enciclica Humanii Generis: in cui parlando proprio delle teorie evolutive, il pontefice affermava: «Il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all’evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura.»
Altra questione, è il problema della confusione del piano scientifico con quello teologico o filosofico, confusione effettuata però da Rovelli nella seconda parte della sua affermazione: quando Papa Francesco afferma che “che il Big Bang esige l’intervento di un creatore divino”, non fa una affermazione scientifica, ma teologica e filosofica, propone una spiegazione a ciò che la scienza ancora non può, forse non potrà mai, spiegare. Ovvero perché noi e l’Universo esistiamo, e perché esistiamo in questi modi.
Altro punto da considerare, l’idea di Rovelli che “Scienza e fede devono restare separate”. Papa Francesco, come già Papa Benedetto XVI e i loro predecessori, non ha effettuato una “invasione di campo” intellettuale o culturale. Ha solo dichiarato e mostrato la ragionevolezza della fede e la sua compatibilità filosofica e teologica con l’idea di un Universo derivato dal Big Bang, e con le ipotesi di evoluzione e sviluppo dei viventi.
Ulteriore punto dell’intervista di Rovelli, che possiamo considerare criticamente, è l’affermazione per cui sarebbe “una sciocchezza che la Chiesa leghi se stessa a una teoria scientifica” come quelle del Big Bang o dell’evoluzione, perché “Potrebbe essere smentita il giorno dopo”. In realtà la Chiesa, e nello specifico Papa Francesco, non si appropriano intellettualmente di una teoria, non si legano ad essa: si limitano ad affermarne la compatibilità con la fede, con il Magistero, con una interpretazione non letterale delle Sacre Scritture. Nel caso in cui domani cambiassero le teorie scientifiche, la Chiesa si limiterebbe a considerarle, studiarle, e valutarne l’eventuale compatibilità con la teologia, e l’eventuale necessità di adeguare l’attuale teologia, e l’interpretazione delle scritture, alle nuove scoperte o formulazioni teoriche.
Analoghe considerazioni possiamo avanzare quando Rovelli afferma che “l‘idea di Lemaitre era che fosse un errore cercare di mescolare i due piani”; potremmo qui ricordare Stephen Jay Gould e il suo concetto di Non-overlapping magisteria: scienza e fede sono due domini distinti di conoscenza e interpretazione della realtà, che non si sovrappongono. Nel discorso di Papa Francesco non c’è certamente confusione di piani interpretativi, quello scientifico e quello teologico; anzi il pontefice, rivolgendosi agli studiosi che stavano “affrontando il tema altamente complesso dell’evoluzione del concetto di natura”, afferma chiaramente: “Non entrerò affatto, lo capite bene, nella complessità scientifica di questa importante e decisiva questione. Voglio solo sottolineare che Dio e Cristo camminano con noi e sono presenti anche nella natura, come ha affermato l’apostolo Paolo nel discorso all’Areopago: «In Dio infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28)”. Offre quindi una chiave interpretativa delle Scritture, alla luce delle attuali teorie e scoperte sull’evoluzione, non una interpretazione delle teorie evolutive in base al testo della Genesi.
Link La Repubblica immagine: cortesia Wikipedia
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