Il messaggio del Santo Padre per la 52ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, con il titolo La verità vi farà liberi – Gv 8, 32 – è un monito contro tutte le frequenti falsificazioni – spesso pure strumentali – della verità, che vediamo ogni giorno nella società dell’informazione globale e interconnessa. Monito in primis per noi giornalisti, ma anche per editori e altri operatori del sistema dell’informazione. Papa Francesco stigmatizza quella che definisce come “alterazione della verità”, “sintomo tipico” di un uso distorto – .. – della facoltà di comunicare”. Attaccando anche quelle che oggi definiamo come fake news, – che per il Papa rispondono alla logica di Satana – e che in realtà sono sempre esistite, da quando esiste l’informazione e da quando c’è chi cerca – per ragioni politiche, economiche, di potere o di danno altrui – di manipolarla e falsificarla.
Lo spiega il sottotitolo del messaggio: Fake news e giornalismo di pace. Tra gli strumenti e i comportamenti necessari per un buon giornalista, vi è infatti la verifica delle notizie e delle informazioni, verifica che non ha alcun senso quando si crea o si distribuisce consapevolmente una informazione falsa. E che spesso, per la necessità di velocità dell’informazione nell’era del web, o per incompetenza e ignoranza, viene tralasciata o effettuata troppo sbrigativamente. “Nel progetto di Dio – afferma Papa Francesco – la comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione”. Comunicare può quindi potenzialmente – dovrebbe – portare al bene, che dovrebbe essere ragione e obiettivo di qualsiasi atto comunicativo.
Perché “l’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello. E’ capace di raccontare la propria esperienza e il mondo, e di costruire così la memoria e la comprensione degli eventi”. Nella realtà invece vediamo come la comunicazione sia sempre stata manipolabile e manipolata e che “l’uomo, se segue il proprio orgoglioso egoismo, può fare un uso distorto anche della facoltà di comunicare, come mostrano fin dall’inizio gli episodi biblici di Caino e Abele e della Torre di Babele – Gen 4, 1 – 16; 11, 1 – 9 -“. Le verità parziali, oppure opportunamente modificate, sono “il sintomo tipico di tale distorsione, sia sul piano individuale che su quello collettivo”. Una distorsione che per il credente dovrebbe essere contraria alla propria stessa fede, alla “fedeltà alla logica di Dio”, spiega il Pontefice, in cui “la comunicazione diventa luogo per esprimere la propria responsabilità nella ricerca della verità e nella costruzione del bene”.
Nella realtà, però, la comunicazione è troppo spesso strumentale ad obiettivi di propaganda personale o di organizzazioni e istituzioni, e mostra come verità quelli che spesso sono solo messaggi tesi ad ottenere e orientare consenso dai pubblici a cui si rivolge. Tale distorsione si verifica però di frequente anche nel giornalismo. Il Santo Padre nel proprio messaggio traccia anche una breve analisi dei problemi strutturali del modo di fare oggi informazione o comunicazione, problemi amplificati dalle tecnologie nell’era moderna, e della ragione della falsità e parzialità di tante notizie che leggiamo. “Oggi – spiega infatti Papa Francesco – in un contesto di comunicazione sempre più veloce e all’interno di un sistema digitale, assistiamo al fenomeno delle notizie false, le cosiddette fake news: esso ci invita a riflettere e mi ha suggerito di dedicare questo messaggio al tema della verità, come già hanno fatto più volte i miei predecessori a partire da Paolo VI – vedi Messaggio 1972: Le comunicazioni sociali al servizio della verità – .
Il Pontefice vuole quindi “offrire un contributo al comune impegno per prevenire la diffusione delle notizie false e per riscoprire il valore della professione giornalistica e la responsabilità personale di ciascuno nella comunicazione della verità”. Dando degli strumenti per capire cosa sono le fake news e come riconoscerle. “Fake news – spiega – è un termine discusso e oggetto di dibattito. Generalmente riguarda la disinformazione diffusa online o nei media tradizionali. Con questa espressione ci si riferisce dunque a informazioni infondate, basate su dati inesistenti o distorti e mirate a ingannare e persino a manipolare il lettore. La loro diffusione può rispondere a obiettivi voluti, influenzare le scelte politiche e favorire ricavi economici”.
Ma perché le notizie false funzionano e riescono a raccogliere interesse ? La loro efficacia, spiega il Santo Padre, “è dovuta in primo luogo alla loro natura mimetica, cioè alla capacità di apparire plausibili”. Anche per tale ragione spesso le fake news si diffondono in modo così virale sulla rete e sui social, superando verifiche da parte dei giornalisti non sufficientemente approfondite. “In secondo luogo – sottolinea il Pontefice – queste notizie, false ma verosimili, sono capziose, nel senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione. La loro diffusione può contare su un uso manipolatorio dei social network e delle logiche che ne garantiscono il funzionamento: in questo modo i contenuti, pur privi di fondamento, guadagnano una tale visibilità che persino le smentite autorevoli difficilmente riescono ad arginarne i danni”.
In questo modo si cristallizzano e diventano quasi inattaccabili, almeno per la maggior parte del pubblico, e danneggiano maggiormente il sistema della comunicazione, perché pongono le basi per altre future notizie false, che sembreranno credibili perchè quelle che le hanno precedute non sono state contraddette e dimostrate come falsità. Papa Francesco spiega anche quali siano le dinamiche che favoriscono questo fenomeno: “La difficoltà a svelare e a sradicare le fake news è dovuta anche al fatto che le persone interagiscono spesso all’interno di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti”. Creando così gruppi di “opinione” sempre più ampi e irrigiditi sulle proprie posizioni, che rifiutano il confronto con gli altri, e non accettano nemmeno prove ragionevoli o inequivocabili dell’erroneità delle proprie convinzioni.
“L’esito di questa logica della disinformazione – spiega ancora il Santo Padre – è che, anziché avere un sano confronto con altre fonti di informazione, la qual cosa potrebbe mettere positivamente in discussione i pregiudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischia di diventare involontari attori nel diffondere opinioni faziose e infondate”. Ma il vero “dramma della disinformazione” non è soltanto l’allontanarsi dalla verità e il credere in falsità anche dannose o pericolose: “è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi, la falsità”.
Papa Francesco sottolinea che “nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità di contrastare queste falsità”, e spiega anche come riconoscerle. Identificare le fake news però “non è impresa facile, perché la disinformazione si basa spesso su discorsi variegati, volutamente evasivi e sottilmente ingannevoli, e si avvale talvolta di meccanismi raffinati”. In questo senso, “sono perciò lodevoli le iniziative educative che permettono di apprendere come leggere e valutare il contesto comunicativo, insegnando a non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento. Sono altrettanto lodevoli le iniziative istituzionali e giuridiche impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno, come anche quelle, intraprese dalle tech e media company, atte a definire nuovi criteri per la verifica delle identità personali che si nascondono dietro ai milioni di profili digitali”.
Il fenomeno dei falsi profili digitali di cui parla il Santo Padre è strutturalmente collegato alla false notizie e ad un modo falso di fare comunicazione. Le fake news vengono infatti fatte rimbalzare da un falso profilo all’altro, dando loro una parvenza di autorevolezza e credibilità, e facendole diventare virali. Allo stesso tempo, si creano falsi profili per dare a personaggi e prodotti – così come alle fake news – un seguito enormemente superiore a quello che avrebbero in realtà con le solo interazioni dalle persone reali. “Ma la prevenzione e l’identificazione dei meccanismi della disinformazione – sottolinea il Pontefice – richiedono anche un profondo e attento discernimento”.
Perché dobbiamo svelare “quella che si potrebbe definire come logica del serpente, capace ovunque di camuffarsi e di mordere. Si tratta della strategia utilizzata dal «serpente astuto», di cui parla il Libro della Genesi, il quale, ai primordi dell’umanità, si rese artefice della prima fake news – Gen 3, 1 – 15 -, che portò alle tragiche conseguenze del peccato, concretizzatesi poi nel primo fratricidio – Gen 4 – e in altre innumerevoli forme di male contro Dio, il prossimo, la società e il creato”. La strategia di Satana, “abile «padre della menzogna» – Gv 8, 44 – è proprio la mimesi – spiega Papa Francesco – una strisciante e pericolosa seduzione che si fa strada nel cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti”.
Leggendo il “racconto del peccato originale” vediamo infatti che il serpente tentatore “si avvicina alla donna facendo finta di esserle amico, di interessarsi al suo bene, e inizia il discorso con un’affermazione vera ma solo in parte: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”» – Gen 3, 1 -. Ciò che Dio aveva detto ad Adamo non era in realtà di non mangiare di alcun albero, ma solo di un albero: «Dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare» – Gen 2, 17 -. La donna, rispondendo, lo spiega al serpente, ma si fa attrarre dalla sua provocazione: «Del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”» – Gen 3, 2 -.»
Una risposta, quella del tentatore, che “sa di legalistico e di pessimistico: avendo dato credibilità al falsario, lasciandosi attirare dalla sua impostazione dei fatti, la donna si fa sviare. Così, dapprima presta attenzione alla sua rassicurazione: «Non morirete affatto» – v. 4 -. Poi la decostruzione del tentatore assume una parvenza credibile : «Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» – v. 5 -. Infine, si giunge a screditare la raccomandazione paterna di Dio, che era volta al bene, per seguire l’allettamento seducente del nemico: «La donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile» – v. 6 -.”
L’episodio biblico citato dal Pontefice è paradigmatico, e “rivela dunque un fatto essenziale per il nostro discorso: nessuna disinformazione è innocua; anzi, fidarsi di ciò che è falso, produce conseguenze nefaste. Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi”. Perché a spingerci verso le notizie false e ad accettarle, è “la nostra bramosia. Le fake news diventano spesso virali, ovvero si diffondono in modo veloce e difficilmente arginabile, non a causa della logica di condivisione che caratterizza i social media, quanto piuttosto per la loro presa sulla bramosia insaziabile che facilmente si accende nell’essere umano. Le stesse motivazioni economiche e opportunistiche della disinformazione hanno la loro radice nella sete di potere, avere e godere, che in ultima analisi ci rende vittime di un imbroglio molto più tragico di ogni sua singola manifestazione: quello del male, che si muove di falsità in falsità per rubarci la libertà del cuore. Ecco perché educare alla verità significa educare a discernere, a valutare e ponderare i desideri e le inclinazioni che si muovono dentro di noi, per non trovarci privi di bene “abboccando” ad ogni tentazione”.
Ma è solo la verità, da cui “lasciarsi purificare”, che può renderci liberi, avverte Papa Francesco, citando anche alcuni paragrafi dello scrittore Dostoevskij e del suo libro I fratelli Karamazov – II, 2 – : «Chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di sé stesso, né degli altri. Poi, siccome non ha più stima di nessuno, cessa anche di amare, e allora, in mancanza di amore, per sentirsi occupato e per distrarsi si abbandona alle passioni e ai piaceri volgari, e per colpa dei suoi vizi diventa come una bestia; e tutto questo deriva dal continuo mentire, agli altri e a sé stesso».
No cristiani dobbiamo quindi abbandonare le menzogne, e trovare nella verità il vero “antidoto al virus della falsità”. Perché “nella visione cristiana la verità non è solo una realtà concettuale, che riguarda il giudizio sulle cose, definendole vere o false. La verità non è soltanto il portare alla luce cose oscure”, ovvero “svelare la realtà, come l’antico termine greco che la designa, aletheia – da a-lethès, non nascosto -” potrebbe farci credere. La vita dei cristiani è seguire la verità, che “ha a che fare con la vita intera. Nella Bibbia, porta con sé i significati di sostegno, solidità, fiducia, come dà a intendere la radice aman, dalla quale proviene anche l’Amen liturgico. La verità è ciò su cui ci si può appoggiare per non cadere. In questo senso relazionale, l’unico veramente affidabile e degno di fiducia, sul quale si può contare, ossia vero, è il Dio vivente”.
Ecco quindi “l’affermazione di Gesù: «Io sono la verità» – Gv 14, 6 -. L’uomo, allora, scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in sé stesso come fedeltà e affidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uomo: «La verità vi farà liberi» – Gv 8, 32 -.” Come cristiani dobbiamo quindi – coerentemente con la nostra fede – mirare alla “Liberazione dalla falsità e ricerca della relazione”, quelli che Papa Francesco definisce “due ingredienti che non possono mancare perché le nostre parole e i nostri gesti siano veri, autentici, affidabili”. In questo modo riusciamo anche a “discernere la verità”, ovvero valutando “ciò che asseconda la comunione e promuove il bene e ciò che, al contrario, tende a isolare, dividere e contrapporre”. Perché la verità “non si guadagna veramente quando è imposta come qualcosa di estrinseco e impersonale; sgorga invece da relazioni libere tra le persone, nell’ascolto reciproco”.
Allo stesso tempo non dobbiamo mai smettere di cercare la verità, “perché qualcosa di falso può sempre insinuarsi, anche nel dire cose vere. Un’argomentazione impeccabile può infatti poggiare su fatti innegabili, ma se è utilizzata per ferire l’altro e per screditarlo agli occhi degli altri, per quanto giusta appaia, non è abitata dalla verità. Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua”. La vera notizia, la più importante, spiega quindi il Santo Padre, è la pace.
Perché “Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone: persone che, libere dalla bramosia, sono pronte all’ascolto e attraverso la fatica di un dialogo sincero lasciano emergere la verità; persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del linguaggio”. In questo sforzo “particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista” che Papa Francesco definisce come “custode delle notizie” e come tale deve preservarle. Il giornalista, avverte il Santo Padre “nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace”.
Il Pontefice ha continuato il proprio messaggio rivolgendo “un invito a promuovere un giornalismo di pace, non intendendo con questa espressione un giornalismo buonista, che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati”. Papa Francesco parla invece di “un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale”.
Il monito del Santo Padre si conclude con un invito a pregare ispirandosi ad una preghiera francescana, e rivolgendosi “alla Verità in persona”. Questo il testo: “Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace. Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione. Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi. Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle. Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo: dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto; dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia; dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza; dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione; dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà; dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri; dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia; dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto; dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità”.
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