La scienza non è svincolata dall’etica e dalla necessità di essere al servizio dell’uomo
Il discorso del Santo Padre ai partecipanti alla conferenza internazionale sulla medicina rigenerativa, è un richiamo all’etica e all’antropologia cristiana. Che insieme alla religione possono e devono essere una guida per la scienza e la medicina. L’incontro di sabato 28 aprile 2018 è coinciso purtroppo con la morte del bimbo britannico Alfie Evans. “Sono profondamente toccato dalla morte del piccolo Alfie – ha dichiarato Papa Francesco – oggi prego specialmente per i suoi genitori, mentre Dio Padre lo accoglie nel suo tenero abbraccio”.
Papa Francesco era intervenuto con la Santa Sede, per aiutare Tom e Kate, i genitori, ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto a portare il proprio figlio in Italia e provare nuove cure. Aiutandoli in una battaglia legale e comunicativa, che ha avuto enorme eco e sostegno in tutto il mondo. Un caso che ha visto confrontarsi scienza, fede, speranza e istanze morali. Mostrando che la ricerca scientifica – come accade nella realtà e come ha ricordato il Pontefice nel proprio discorso sulla conferenza per la medicina rigenerativa – non può svincolarsi da quelli che invece devono essere i suoi obiettivi primari. Il bene, la dignità e il servizio delle persone.
“Quando vedo rappresentanti di culture, società e religioni differenti unire le loro forze, intraprendendo un percorso comune di riflessione e di impegno a favore di chi soffre” ha dichiarato Papa Francesco, “mi rallegro perché la persona umana è punto d’incontro e luogo di unità”. Ciò che conta, spiega il Santo Padre, è “il problema della sofferenza umana”. Per superarlo, è quindi “necessario saper creare sinergie tra persone e istituzioni, anche superando i pregiudizi, per coltivare la sollecitudine e lo sforzo di tutti in favore della persona malata”.
Il Pontefice ha affrontato le quattro tematiche su cui era articolata la conferenza: “prevenire, riparare, curare e preparare il futuro”.
Parlando di prevenzione, Papa Francesco ha sottolineato che oggi “siamo sempre più consapevoli del fatto che molti mali potrebbero essere evitati se ci fosse una maggiore attenzione allo stile di vita che assumiamo e alla cultura che promuoviamo”. Per “prevenire” dobbiamo quindi “avere uno sguardo lungimirante verso l’essere umano e l’ambiente in cui vive”. Dobbiamo progettare “una cultura di equilibrio” tra quelli che sono “i fattori essenziali” della vita. Ovvero “educazione, attività fisica, dieta, tutela dell’ambiente, osservanza dei codici di salute derivanti dalle pratiche religiose, diagnostica precoce e mirata, e altri ancora”.
In questo modo, con un equilibrio tra tutto ciò che fa parte delle nostre vite, e non trascurando la fede, è possibile “vivere meglio e con meno rischi per la salute”. Sono regole semplici, intuitive, conosciute. Maggiormente rilevanti “quando pensiamo ai bambini e ai giovani, che sono sempre più esposti ai rischi di malattie legate ai cambiamenti radicali della civiltà moderna”. Papa Francesco ha citato un brano della sua Lettera Enciclica Laudato si’ – 20. Ricordandoci “l’impatto che hanno sulla salute umana il fumo, l’alcol o le sostanze tossiche rilasciate nell’aria, nell’acqua e nel suolo”.
Tutti fattori che portano allo sviluppo da adulti di patologie gravi, anche tumorali. E che potrebbero essere semplicemente evitate “attraverso misure preventive adottate durante l’infanzia”. Prevenire “però, richiede un’azione globale e costante che non può essere delegata alle istituzioni sociali e governative, ma domanda l’impegno di ciascuno”. Diventa quindi urgente e necessario sviluppare “una maggiore sensibilità tra tutti per una cultura di prevenzione come primo passo verso la tutela della salute.
L’avanzamento della medicina e lo sviluppo di nuove cure e terapie, soprattutto per le patologie più rare
Il Santo Padre ha ricordato l’importanza del “grande sforzo della ricerca scientifica volta alla scoperta e alla diffusione di nuove cure, specialmente quando toccano il delicato problema delle malattie rare, autoimmuni, neurodegenerative e molte altre”. Uno sforzo che ha visto in epoca recente un notevole “progresso nella ricerca cellulare e nell’ambito della medicina rigenerativa”. Con studi sperimentali, che hanno consentito “di raggiungere nuovi traguardi nelle tecniche di riparazione dei tessuti e nelle terapie sperimentali”. Dando speranza alle persone malate, e creando “un importante capitolo nel progresso scientifico e umano”, affrontato nella conferenza con due verbi: “riparare e curare”.
Anche per questo è importante la ricerca scientifica: per “rispondere in maniera più adeguata, incisiva e persino più personalizzata ai bisogni delle persone malate”. Allo stesso tempo, “la scienza è un mezzo potente per comprendere meglio sia la natura che ci circonda sia la salute umana”. E il progresso della scienza sviluppa e aumenta “i mezzi e le tecnologie più raffinate”. Strumenti “che permettono non solo di guardare la struttura più intima degli organismi viventi, uomo incluso, ma addirittura di intervenire su di essi in modo così profondo e preciso da rendere possibile perfino la modifica del nostro stesso Dna”.
Con strumenti così potenti, diventa necessario aumentare “la nostra consapevolezza della responsabilità etica nei confronti dell’umanità e dell’ambiente in cui viviamo”. Anche con l’aiuto della fede. Da una parte quindi “la Chiesa elogia ogni sforzo di ricerca e di applicazione volto alla cura delle persone sofferenti”. Dall’altra ci “ricorda anche che uno dei principi fondamentali è che non tutto ciò che è tecnicamente possibile o fattibile è per ciò stesso eticamente accettabile”. La scienza quindi, “come qualsiasi altra attività umana”, deve consapevolmente riconoscere i “limiti da rispettare per il bene dell’umanità stessa”. E avere il necessario “senso di responsabilità etica”. Perché “la vera misura del progresso”, ci ricorda Papa Francesco citando Paolo VI – Enciclica Populorum progressio, 14 – “è quello che mira al bene di ogni uomo e di tutto l’uomo”.
Pensare e “preparare il futuro assicurando il bene di ogni persona umana”
A questo dobbiamo mirare, ci spiega il Santo Padre. E per farlo “dobbiamo agire con una sensibilità tanto maggiore quanto più i mezzi a nostra disposizione diventano potenti. Questa è la nostra responsabilità verso l’altro e verso tutti gli esseri viventi”. Dobbiamo quindi pensare alla “salute umana in un contesto più ampio”, non solamente tecnico o empirico sperimentale. Dobbiamo considerarla “non solo in rapporto alla ricerca scientifica, ma anche alla nostra capacità di preservare e tutelare l’ambiente”. Con la necessità “di pensare a tutti, senza esclusioni sociali o economiche. Quindi con particolare attenzione verso “chi vive disagi sociali e culturali che rendono precari sia lo stato di salute sia l’accesso alle cure”.
Per “pensare il futuro”, spiega Papa Francesco, dobbiamo intraprendere un duplice “itinerario”. Da una parte una “riflessione interdisciplinare aperta che coinvolga molteplici esperti e istituzioni e permetta uno scambio reciproco di conoscenze”. Dall’altra, “azioni concrete a favore di chi soffre”. Entrambi gli itinerari richiedono la “convergenza di sforzi e di idee capaci di coinvolgere rappresentanti di varie comunità”. Coinvolgendo “scienziati e medici, pazienti, famiglie, studiosi di etica e di cultura, leader religiosi, filantropi, rappresentanti dei governi e del mondo imprenditoriale”.
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