Una breve sintesi, dell’influenza del pensiero di Platone sulla scienza e la filosofia della scienza, da Academia.edu – seconda e ultima parte.
L’influenza di Platone su scienziati e filosofi successivi
Archimede di Siracusa
Come già accennato, il grande matematico, scienziato e inventore Archimede è stato fortemente influenzato da Pitagora, la Scuola Pitagorica e Platone. Scriveva già Cicerone: «In realtà, quando Archimede racchiuse in una sfera i movimenti della luna, del sole e dei cinque pianeti, fece lo stesso che colui che nel Timeo edificò l’universo, il dio di Platone, e cioè che un’ unica rivoluzione regolasse movimenti molto diversi per lentezza e velocità. E se questo non può avvenire nel nostro universo senza la divinità, neanche nella sfera Archimede avrebbe potuto imitare i medesimi movimenti senza un’intelligenza divina. »
Originale in Latino: «Nam cum Archimedes lunae solis quinque errantium motus in sphaeram inligavit, effecit idem quod ille, qui in Timaeo mundum aedificavit, Platonis deus, ut tarditate et celeritate dissimillimos motus una regeret conversio. Quod si in hoc mundo fieri sine deo non potest, ne in sphaera quidem eosdem motus Archimedes sine divino ingenio potuisset imitari.»
Il Medioevo
Tra il XII e il XIII secolo si manifesta un rinnovato interesse per Platone e il neoplatonismo, e per Sant’Agostino, e viene attribuita una grande importanza al contenuto scientifico, con riferimento al mondo fisico e naturale, delle Sacre Scritture. Importante in questo senso il ruolo della Scuola di Chartres, e in particolare di Teodorico di Chartres, che sostiene l’uso della matematica come strumento per comprendere razionalmente l’universo.
Non è casuale se nello stesso periodo si comincia ad accettare e introdurre in Europa il sistema numerico decimale, di origine indiana, grazie soprattutto ai contatti con il mondo arabo e al suo influsso sulla cultura occidentale. Assistiamo anche ad una progressiva divisione delle arti, sistematizzate nelle Arti Liberali del Trivio, ovvero, dialettica, grammatica, retorica, e del Quadrivio, ovvero aritmetica, astronomia, geometria, musica.
San Tommaso d’Aquino
In San Tommaso il platonismo si manifesta ad esempio nella filosofia della conoscenza: conoscere vuol dire adeguare reciprocamente l’anima o intelletto e l’oggetto del conoscere. Scrive l’Aquinate nella Summa Theologiae:
- «Verità: Adeguamento dell’intelletto alla cosa. Adeguamento della cosa all’intelletto. Adeguamento dell’intelletto e della cosa. »
in originale latino - «Veritas: Adaequatio intellectus ad rem. Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatio intellectus et rei. »
Tommaso si rifa a Platone anche nella filosofia della conoscenza e della teologia; sempre nella Summa theologiae scrive infatti: «Le idee, secondo il pensiero di Platone, sono considerate quali princìpi di conoscenza e di produzione delle cose: perciò anche l’idea come noi la poniamo nella mente di Dio riveste questo duplice carattere».
Il Rinascimento
Nel Rinascimento assistiamo al sorgere di una polemica filosofica e culturale verso Aristotele e l’aristotelismo. Ciò sembrerebbe paradossale, dal momento che l’Umanesimo ad esempio mostra un nuovo forte interesse verso la cultura greca, stimolato e favorito anche da dal fiorire dei trasporti e degli scambi commerciali, e conseguentemente dalla maggiore diffusione delle opere degli autori greci, grazie anche al crescere delle traduzioni in latino dei testi greci originali. Nelle più importanti città italiane nascono inoltre molte Accademie, come quella di Marsilio Ficino a Firenze, dove si studiano anche i grandi pensatori classici.
In realtà, parallelamente all’anti-aristotelismo, si palesa anche una rinascita del pensiero platonico. Il neoplatonismo è anche una delle ragioni dell’aumentato interesse per la matematica e della geometria, viste come strumenti per capire il funzionamento del Cosmo e del Mondo, e per le discipline tecniche, viste anche come strumenti a disposizione dell’uomo, in una visione umanistica, per conoscere meglio il mondo che lo circonda e per dominarlo. Non si è ancora diffusa l’algebra, che dagli arabi arriverà effettivamente in Europa, come disciplina e strumento per studiare la scienza, con scienziati come Isaac Newton e Gottfried Wilhelm von Leibniz.
Niccolò Copernico e Giovanni Keplero
Probabilmente Copernico deve molto delle sua teorie, soprattutto agli inizi, agli studi sui testi di Pitagora, Platone e Cicerone, che erano parte integrante della formazione in quel periodo. Sicuramente Keplero deriva il suo modello, esposto nel Mysterium cosmographicum, dalle forme geometriche regolari, bidimensionali e solide, che troviamo in Pitagora, e in Platone, come ad esempio il cubo, l’ottaedro, il dodecaedro.
Leonardo Da Vinci
Il grande scienziato, inventore e artista, deve molto sia a Platone che ad Aristotele, dei quali però non riconosce una autorità aprioristica. Sicuramente è pitagorica e platonica l’origine culturale e scientifica dell’utilizzo in Leonardo delle forme geometriche.
Le troviamo nella sua investigazione scientifica, nell’ingegneria delle sue fortezze, delle sue macchine militari e di altri strumenti tecnici, per l’epoca a dir poco innovativi. Ma le troviamo anche nella sua arte, che ha anche spesso richiamato tali forme in dipinti e studi artistici.
Sull’argomento possiamo citare il volume Per una nuova interpretazione di Platone, del filosofo Giovanni Reale. Qui Reale, nell’appendice al capitolo XX, Precisazioni sulla costruzione matematica dei solidi geometrici regolari e degli elementi fisici e illustrazioni tratte da disegni di Leonardo Da Vinci, analizza l’uso delle forme geometriche e dei solidi platonici nei disegni di Leonardo.
Galileo Galilei
Abbiamo già accennato al nuovo diffondersi e rinvigorirsi di idee platoniche e pitagoriche nella cultura filosofica e scientifica occidentale, e al nascere di un movimento neoplatonico, che fa proprie le istanze e le idee di Platone, in alcuni casi ricontestualizzandole e riadattandole alla nuova cultura del tempo. Da questo punto di vista l’approccio di Galileo, per quanto concerne la sua filosofia della scienza e il suo metodo scientifico, non è però considerato da critici e studiosi in modo univoco.
Per alcuni, come ad esempio lo storico e filosofo della scienza Aleksandr Vladimirović Kojre, Galileo si mostra decisamente platonico e pitagorico, in particolare per l’importanza attribuita alla matematica come strumento di conoscenza aprioristica del mondo fisico, e alle forme geometriche come modo per definirne i meccanismi di funzionamento e rappresentarle, ad esempio quando studia e dimostra le dinamiche del moto e della caduta dei gravi. Un metodo per fare scienza, in modo sistematico, che per l’epoca era a dir poco rivoluzionario, e che diventerà uno standard solo secoli dopo.
Per altri, come Pierre Duhem, Galileo si distanzia nettamente dalla filosofia di Platone, innovando nel metodo e nei contenuti. Galileo descrive la propria idea di scienza ne Il Saggiatore, dedicato a Papa Urbano VIII e pubblicato nel 1623. «La filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, io dico l’universo, ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.»
La matematica quindi non sarebbe uno strumento di conoscenza aprioristico, come dicevamo sopra, ma diventa uno strumento di analisi del mondo fisico, che non è illusorio, come affermavano Platone e il platonismo, ma diventa comprensibile e strumento per arrivare a conoscere l’universo stesso; anche perché non bisogna dimenticare i naturali obiettivi primari dello scienziato Galileo, il quale è, prima di tutto, un astronomo e un cosmologo.
Per altri ancora, come ad esempio il filosofo e storico della filosofia Eugenio Garin, Platone da certi punti di vista attua una sintesi globale: tra la scuola pitagorica, applicando la matematica e la geometria allo studio della fisica; il platonismo, per la visione matematica del Cosmo; l’aristotelismo, metodologicamente, applicando nello studio scientifico sia il metodo compositivo, che dalla causa va/risale agli effetti, sia quello risolutivo, che dagli effetti va/risale alla causa.
Scrive Garin:
«Alla radice di gran parte della nuova scienza, da Leonardo a Galileo, accanto al desiderio tutto rinascimentale di non lasciare intentata via alcuna, è viva la certezza che il sapere ha aperta innanzi a sé la possibilità di una salda cognizione. Se noi ripercorriamo la Teologia platonica, vi troviamo al centro questa tesi, largamente e minutamente discussa nel libro secondo: alla mente di Dio sono presenti tutte le essenze; la divina volontà, che poteva non creare, ha manifestato la sua generosità col dare concreta e mondana realizzazione alle eterne idee facendole vivere. La fecondità del concetto di creazione si rivela nel dono della vita che Dio ha dato, e poteva non dare. Ma la volontà non tocca quel mondo razionale che costituisce l’ eterna ragione divina, il verbo divino, cui dunque si conforma e si adegua questo mondo il quale, platonicamente, rispecchia l’ ideale razionalità per il tramite dell’ intermediario matematico: “numero, pondere et mensura”.
La mente umana, raggio del Verbo divino, è nelle sue radici impiantata essa pure in Dio; è in Dio partecipe in qualche modo dell’ assoluta certezza. La scienza nasce così per il corrispondersi di questa struttura razionale del mondo, impiantata nell’ eterna sapienza divina, e della mente umana partecipe di questa luce divina di ragione» Galileo infatti, nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo affermava che l’intelletto umano, quando ragiona matematicamente, è uguale a quello divino: «[…]quanto alla verità di che ci danno cognizione le dimostrazioni matematiche, ella è l’istessa che conosce la sapienza divina [..]»
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